lunedì 3 gennaio 2011

La grande sfida


Salvezza e rilancio per le Aree Protette italiane
Manifesto Appello di San Rossore

I parchi naturali e le altre aree protette rappresentano oggi un baluardo contro le dilaganti aggressioni nei confronti del territorio e della biodiversità e costituiscono una speranza per il futuro perché sono straordinari laboratori dove si realizzano modelli di gestione che dimostrano come sia possibile coniugare conservazione e sviluppo e porre al centro il rapporto persona-natura.
La missione attuale che la storia affida alle aree protette è allora una missione strategica: contribuire a salvare la Terra dal rischio della catastrofe ambientale.Il ruolo che esse svolgono è quindi un ruolo di interesse generale.
Proprio in considerazione di tale ruolo cresce in tutto il mondo il numero delle aree naturali protette, s'innalza il livello della qualità degli interventi a livello sia nazionale che internazionale.
In Italia, invece, le aree protette hanno conosciuto negli ultimi anni una crisi gravissima che trova la sua causa fondamentale nella sottovalutazione e, a volte, addirittura, nella banalizzazione di quel ruolo, troppo spesso interpretato in chiave pseudoaziendalistica, e nel conseguente progressivo disinteresse istituzionale, culminato nel pesantissimo taglio dei finanziamenti pubblici effettuato dal Governo nel luglio 2010.Il sistema delle aree protette italiane rischia così di essere cancellato.

Pensato già dagli anni '10 del secolo scorso, avviato con la creazione dei primi parchi nazionali all'inizio degli anni '20 e progressivamente realizzato a partire dagli anni '70, questo sistema - costituito da un migliaio di aree protette (parchi nazionali e regionali, aree marine protette, riserve naturali , ecc.) che tutelano ben oltre quel 10% della superficie nazionale che nel 1980 aveva costituito una sfida lanciata dall'ambientalismo italiano per l'istituzione dei parchi - rappresenta una delle grandi conquiste di civiltà del nostro Paese e risponde alle indicazioni della legge Quadro, la 394 del 1991, una legge molto avanzata, approvata unanimemente dopo trent'anni di elaborazioni e di lotte. È un sistema che, nonostante diversi difetti e problemi, ha posto l'Italia perfettamente in linea con gli standard indicati dal dibattito internazionale, che ha consentito la conservazione di territori di eccezionale valore naturalistico e la protezione di una delle più ricche biodiversità esistenti in Europa, che ha permesso una serie di attività e di sperimentazioni vitali, che ha espresso inedite energie, nuove professionalità e un'eccezionale carica di innovazione e di fantasia.
I riconoscimenti che provengono da tutto il mondo testimoniano il valore del sistema e dei risultati che esso ha saputo raggiungere malgrado lo storico sottofinanziamento.
Il costo delle aree protette, infatti, incide in misura irrisoria sul bilancio dello Stato e delle Regioni: per fare un solo lampante esempio, i 23 parchi nazionali sono costati negli ultimi anni poco più di 50 milioni di euro l'anno, un costo che è pari a quello di appena 2 km di una delle devastanti autostrade in progettazione e che non è assolutamente confrontabile con i costi altissimi degli strumenti destinati non già alla difesa della natura, ma alla difesa militare.
Quei risultati si sono potuti ottenere grazie alla passione, all'abnegazione, alla capacità innovativa di un movimento che si è sviluppato attorno alle aree protette e che è composto da operatori, studiosi, gestori, associazioni, i quali per professionalità e spirito collaborativo rappresentano una grande ricchezza per tutto il Paese.
Adesso tutto rischia di essere vanificato.
Con l'ultimo taglio, che pesa drammaticamente sull'insieme delle aree protette, molte di esse - certamente i parchi nazionali che si sono visti dimezzare il fondo di dotazione - non potranno far fronte neanche a tutte le spese obbligatorie e sarà anche precluso l'accesso alle risorse aggiuntive e in particolare ai fondi comunitari.
Così nell'Anno internazionale della biodiversità, mentre gli organismi e gli accordi internazionali vedono nelle aree protette uno strumento fondamentale per fronteggiare la crisi ambientale e mentre lo stesso Piano italiano sulla biodiversità approvato nello scorso ottobre sottolinea l'importanza del loro ruolo, esse rischiano la paralisi e quel movimento rischia l'impotenza e la frustrazione.Questi rischi sono solo la punta di un iceberg, la spia di un generale disinteresse delle attuali classi dirigenti italiane, nazionali e regionali, nei confronti della conservazione della natura, la quale non sembra più rappresentare un problema, né una priorità, nemmeno un obiettivo proprio mentre la crisi ambientale precipita a livello planetario e nazionale.
Segno di questo disinteresse che sfocia sempre più spesso nell'insofferenza è anche la progressiva dismissione di qualsiasi politica organica delle aree protette da parte del Governo nazionale in primo luogo, ma anche da parte di molte Regioni.
La situazione è ancor più grave se si considera che le drammatiche conseguenze di questa crisi non riguardano solo il nostro Paese, poiché la conservazione della natura è valore universale e la tutela della biodiversità non si arresta certo ai confini nazionali, e inoltre incidono profondamente sui diritti delle future generazioni che devono oramai rappresentare la stella polare di ogni governo della cosa pubblica.Noi, amministratori, operatori e volontari dei parchi e delle altre aree protette, studiosi e progettisti, militanti del molteplice e vario associazionismo ambientalista, esponenti politici e sindacali, semplici cittadini chiamiamo l'opinione pubblica, i movimenti e le istituzioni italiane a una forte reazione non solo per la salvezza, ma anche e soprattutto per un grande rilancio del sistema delle aree protette italiane nello spirito della legge 394.
E' questa la nuova sfida che intendiamo lanciare proprio perché siamo convinti che la missione che oggi la storia affida ai parchi e alle altre aree protette sia quella di contribuire a salvare il nostro pianeta; che le funzioni di salvaguardia ambientale, di sviluppo economico e di progresso culturale proprie del sistema delle aree protette siano strategiche per il futuro del nostro Paese, un futuro sicuro, sostenibile, contraddistinto dai minimi requisiti di civiltà; perché siamo convinti che la società italiana voglia bene alle aree protette e perciò sappia rispondere positivamente e con entusiasmo alla nostra sfida; che quel movimento, malgrado le delusioni e la stanchezza del presente, contenga ancora in sé enormi potenzialità, materiali e immateriali, e abbia la forza e la volontà di reagire e di lottare. Noi intendiamo dare voce a questo movimento e nello stesso tempo vogliamo contribuire a delineare e approfondire gli elementi e gli obiettivi di una nuova politica per le aree protette.
Parco Regionale di San Rossore 6.12.2010
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