lunedì 18 febbraio 2008

Cronache di birdwatching nel Delta del Po


Sta andando molto bene questa quarta edizione di corso di birdwatching nel Delta del Po giunto alla terza lezione. Quaranta assidui corsisti giunti anche da fuori provincia (Padova, Ferrara e Venezia) seguono con entusiasmo le lezioni, si fanno nuove amicizie, si scambiano opinioni e pareri.
Dopo il mitico Francesco Mezzatesta, mitico perché è stato colui che portò nei lontani anni ’70 il birdwatching in Italia, che ha relazionato il Biowatching, ovvero l’osservazione di tutte le specie viventi in natura, è stata la volta di Eddi Boschetti che ha spiegato i “signori dei cieli”, i rapaci. Domenica 17 febbraio studio sul campo di queste specie con il secondo censimento dei rapaci nel Delta del Po, 122 rapaci contati e osservati di cui: 65 gheppi, 35 poiane, 10 albanelle reali, 9 falchi di palude, 2 sparvieri, 1 smeriglio e 2 falchi pellegrini. Domenica 17 febbraio, workshop fotografico itinerante in compagnia di Mirko Marchetti, fotografo professionista di fama internazionale e profondamente innamorato della natura, altra bella lezione e bella uscita, graziata dal sole.
Domenica 24 febbraio ci si trasferisce a Boccasette per un’altra full immersion con Marco Mastrorilli conosciuto studioso di Gufi, civette & Co.
Un grazie ai relatori e a tutti i partecipanti che con la loro assidua e massiccia presenza danno a noi organizzatori molta soddisfazione e una gran voglia di insistere.

mercoledì 13 febbraio 2008

This isn't the African coast or Nord Europa coast ... this is DELTA PO coast.

Questa non è la costa Africana o la costa del Nord Europa ... questa è la costa del Delta del Po. Il filmatino casalingo, se pur di scarsa qualità ( fotocamera + cannocchiale) narra la vitalità faunistica del Delta del Po, i puntini bianchi sono Piovanelli pancianera, Pivieresse, Voltapietre, si vedono poi chiaramente Gabbiani reali e candide Garzette, la memoria digitale non mi permette di riportare i Chiurli maggiori (quasi 500) e le Pittime minori. Delizia delle delizie, è lo Scannone di Goro, l'Isola dei Limosi, la Sandpiper island, un luogo di forti emozioni, a due passi da casa. In sottofondo il "rumore" delle onde del mare accompagnate da una piacevole brezza. Magico Delta.

domenica 3 febbraio 2008

Non solo sguà


Correva il 1997 quando io insieme a qualche altro squilibrato, come me, inseguivamo alcuni Aironi guardabuoi, (Bubulcus ibis) intorno alle vasche dello zuccherificio di Porto Viro.
Rarissimo e mai visto a quei tempi, anche se già da qualche anno si aggirava per il Delta del Po, ad undici anni di distanza quest’airone è nel Delta del Po, sempre più diffuso. Airone tipicamente Africano, uno dei nove Europei, più piccolo e più tozzo di una Garzetta, questo airone ha abitudini alimentari molto particolari. Meno acquatico degli altri si nutre spesso nei coltivi di insetti, invertebrati e anche piccoli roditori, ma la sua specialità sono i parassiti dei grandi mammiferi che volentieri si lasciano “toilettare” da questo uccello che funge anche da campanello di allarme in caso di pericolo, da cui il nome “guardabuoi”.


Nel Delta lo chiamiamo affettuosamente “guardatrattori”, data la mancanza di mandrie e di buoi da inseguire, è facile vederlo pascolare lungo le “laghe”, i solchi lasciati dall’aratro trainato dei trattori, da cui il simpatico nomignolo. Negli ultimi anni il Guardabuoi è segnalato nel Delta del Po come nidificante, la sua presenza è però determinata dall’andamento delle temperature invernali. Infatti nel freddo inverno del 2002 , dai dati de “Gli uccelli acquatici svernanti in provincia di Rovigo” (editi dalla provincia stessa) ne risulta presente un solo individuo. Ad oggi lo si può tranquillamente osservare dietro casa, per lo meno la mia.


Un tempo, gli aironi venivano cacciati per vari scopi, vuoi per le penne nuziali, “le egrete”, delle candide Garzette per ricavarne ornamenti per cappelli delle signore e delle spose, per “imbalsamarli” ed esporli in salotti e casoni di caccia, o semplicemente per fame.
Oggi la caccia a questi uccelli è severamente vietata.
Un simpatico ottantenne incontrato un giorno nella spiaggia di Boccasette, mentre ero intento ad osservare un bellissimo esemplare di Airone cenerino a caccia di acquadelle, mi ha raccontato appunto che un giorno suo padre portò a casa uno “sguà” da lui ucciso. Al momento dell’evisceramento ne uscì dallo stomaco una “bissa lunga un metro”, da quel giorno non mangiò più Aironi.
Il termine dialettale “sguà” deriva dal verso che emettono gli Aironi, quando allarmano per l’appunto “sguà – sguà”.
Sinceramente, io, al posto dell’Airone mi sarei mangiato la biscia, dicono che la carne è molto simile a quella dell’anguilla … …

venerdì 1 febbraio 2008

El bertain

Partita ieri sera 31 gennaio a Taglio di Po – Rovigo - la quarta edizione di “Lezioni di Territorio” , dieci incontri, tre uscite per conoscere e “leggere” le meraviglie che circondano il Delta del Po.
Centotrenta presenti alla prima lezione di Chiara Crepaldi, etnografa adriese, deliziosa in tutti i sensi, anche nel cantare. Parlata e “fole” polesane da lei raccontate e illustrate, anche con un bellissimo video (non questo) realizzato con i ragazzi e interviste agli anziani del Delta, le strighe, la bosgata rossa, barba sucon suchela, ma soprattutto il dialetto veneto come propria e vera lingua. Tante, tante delle nostre parole infatti non trovano nessuna corrispondenza con l’italiano tanto da formare una lingua a se. Destravacà, el piron, el bosgato, desivio, el bocia (in ordine: comodamente disteso, forchetta, maiale, insipido, il bambino) non hanno per lo meno nessuna origine, come l’italiano, dal latino. Un invito quello di Chiara a mantenere, conservare e portare avanti il nostro dialetto in una sorta di bilinguismo. Il dialetto e la parlata veneta è considerata lingua insieme solo al napoletano, ara cà se dise de le volte ah!
Ed è il caso della parola bertain, (che parola strambalà) il baccalà, e per la canzone cantata ieri sera insieme a Chiara (vedi video) e per la ricetta gentilmente offerta dalla signora Franca de la casina nel Delta del Po .e per riallaciarmi al precedente post. Anche a Franca che saluto, piace parlare il dialetto, è dentro di noi come el Po, e la terra da lui creata, è impossibile staccarsi o dimenticarlo. Mi ricordo i “Né”?,i miei e nostri parenti che purtroppo hanno dovuto emigrare dopo l’alluvione del ’51, tornavano per le vacanze e parlavano in milanese, “Né l’hai visto il Luca com’è diventato grande, e il Gianni come l’è?”, avevano lasciato la campagna per la fabbrica, erano passati a due, a volte tre stipendi fissi, avevano lasciato la miseria del Delta e con essa anche la loro identità. Non avevano però dimenticato i buoni vecchi sapori, li chiamavamo infatti i “marturei”, genericamente le donnole o le faine, giusto perché come questi mustelidi dissanguavano il pollaio. Altri tempi, ora non è più così, chi cambia città per lavoro o altri motivi non vede l’ora de tornare a casa per parlare in dialetto e non perde mai la cadenza, possiamo dire di aver ritrovato la nostra identità, non voglio più sentir parlare di “poveri polesani” di “alluvionati “, basta, siamo i cittadini di una delle più belle terre d’Italia, il Delta del Po, e dàghe soto col dialeto e col bertain.



Ricetta del bertain con verdure gentilmente inviatemi dalla signora Franca
Dosi per 4 persone
Ho messo a bagno per non meno di 24 ore el bertain, el sarà sta un 650 grammi circa, lavandolo prima ben dal sale. Ho cambiato spesso l'acqua, soprattutto all'inizio. Passà el tempo, ho pulito e tagliato grossolanamente una cipolla rossa di tropea, una bella carota, due bei gambi di sedano, due patate tagliate a metà nel senso della lunghezza, una diesena d'pumiduriti pachino. Ho messo le verdure, tranne le patate, a rosolare per non più di dieci minuti nell'olio extra vergine d'oliva sapore delicato. Intanto ho fatto bollire il pesce ammollato in abbondante acqua con mezzo limone spremuto. L'ho portato ad ebollizione facendo bene attenzione a togliere il baccalà non appena l'acqua accennava a bollire e, sgocciolato, l'ho trasferito con le patate, nel tegame con le verdure, a finire lentamente la cottura. Se durante la cottura si asciuga troppo si aggiunge un po' d'acqua calda perché non attacchi. Il risultato è un baccalà alle verdure con sapore deicato come il merluzzo appena pescato. Si può gustare assieme alla polenta bianca se ben ristretto, oppure con un crostino di pane abbrustolito strofinato con l'aglio, se più brodoso. Una spolveratina di prezzemolo tritato fine ed un filino d'olio crudo ed il piatto è pronto! Mai salare mi raccomando! Dimenticavo: al bertain à'g'ho lassà la so pele che cusinando la s'ga desfà e la gà dà gusto al tocieto.