domenica 3 febbraio 2008

Non solo sguà


Correva il 1997 quando io insieme a qualche altro squilibrato, come me, inseguivamo alcuni Aironi guardabuoi, (Bubulcus ibis) intorno alle vasche dello zuccherificio di Porto Viro.
Rarissimo e mai visto a quei tempi, anche se già da qualche anno si aggirava per il Delta del Po, ad undici anni di distanza quest’airone è nel Delta del Po, sempre più diffuso. Airone tipicamente Africano, uno dei nove Europei, più piccolo e più tozzo di una Garzetta, questo airone ha abitudini alimentari molto particolari. Meno acquatico degli altri si nutre spesso nei coltivi di insetti, invertebrati e anche piccoli roditori, ma la sua specialità sono i parassiti dei grandi mammiferi che volentieri si lasciano “toilettare” da questo uccello che funge anche da campanello di allarme in caso di pericolo, da cui il nome “guardabuoi”.


Nel Delta lo chiamiamo affettuosamente “guardatrattori”, data la mancanza di mandrie e di buoi da inseguire, è facile vederlo pascolare lungo le “laghe”, i solchi lasciati dall’aratro trainato dei trattori, da cui il simpatico nomignolo. Negli ultimi anni il Guardabuoi è segnalato nel Delta del Po come nidificante, la sua presenza è però determinata dall’andamento delle temperature invernali. Infatti nel freddo inverno del 2002 , dai dati de “Gli uccelli acquatici svernanti in provincia di Rovigo” (editi dalla provincia stessa) ne risulta presente un solo individuo. Ad oggi lo si può tranquillamente osservare dietro casa, per lo meno la mia.


Un tempo, gli aironi venivano cacciati per vari scopi, vuoi per le penne nuziali, “le egrete”, delle candide Garzette per ricavarne ornamenti per cappelli delle signore e delle spose, per “imbalsamarli” ed esporli in salotti e casoni di caccia, o semplicemente per fame.
Oggi la caccia a questi uccelli è severamente vietata.
Un simpatico ottantenne incontrato un giorno nella spiaggia di Boccasette, mentre ero intento ad osservare un bellissimo esemplare di Airone cenerino a caccia di acquadelle, mi ha raccontato appunto che un giorno suo padre portò a casa uno “sguà” da lui ucciso. Al momento dell’evisceramento ne uscì dallo stomaco una “bissa lunga un metro”, da quel giorno non mangiò più Aironi.
Il termine dialettale “sguà” deriva dal verso che emettono gli Aironi, quando allarmano per l’appunto “sguà – sguà”.
Sinceramente, io, al posto dell’Airone mi sarei mangiato la biscia, dicono che la carne è molto simile a quella dell’anguilla … …

1 commento:

C.Abba ha detto...

Lo "sguà" è propriamente della nitticora ed è semplicemente la trasposizione in veneto della bassa del suono rauco e sgraziato della nitticora solitaria che passa spesso anche di notte da sola o al massimo in coppia "sguà...sguà..".