domenica 26 agosto 2007

Ancora sull’energia …


Liberarsi dalle scorie, di Mario Tozzi.

Entro il 2020 dovrebbe essere completato il primo deposito al mondo in grado di ospitare scorie nucleari in via definitiva. A Olkiluoto, in Finlandia, saranno ospitate per cominciare 5500 tonnellate di scorie, provenienti dalle quattro centrali nucleari di quel paese, uno dei pochi che progettano ancora di costruire nuove centrali, il deposito dovrebbe essere costruito oltre 500 metri sotto terra, ben all’interno del basamento di rocce granitiche che compone lo scudo geologico scandinavo: niente terremoti, né vulcani, né frane, né alluvioni.
Nel sito scelto i graniti sono privi delle fratture e delle spaccature che, in genere, li pervadono. Ma l’acqua c’è: perciò le scorie saranno sepolte in contenitori di un metro di diametro, alti 50 metri e spessi 50 centimetri, costruiti interamente in rame. Una volta confinate le scorie, oltre 300 mila tonnellate di roccia mista a cemento dovrebbero sigillare il sarcofago. Ma via via che procederà lo scavo, studi successivi verificheranno se le caratteristiche dei terreni sono soddisfacenti: cioè si saprà solo alla fine se la cosa funziona davvero. Insomma non esiste ancora una soluzione definitiva e sicura per il problema delle scorie radioattive. Gli Stati Uniti, con 103 centrali in funzione (su 123 originarie) hanno accumulato 30 mila tonnellate di barre di combustibile e 380 mila metri cubi di altri rifiuti ad alto rischio di radioattività. Il progetto è di seppellire a Yucca Mountain, nel deserto occidentale, a qualche centinaio di metri di profondità, in rocce vulcaniche comprese fra i 11 e 13 milioni di anni: un contesto geologico indubbiamente stabile, al riparo da uragani e alluvioni, che dovrebbe garantire la sicurezza per 10 mila anni. Eppure la realizzazione del deposito è tuttora in dubbio. In Giappone si cerca un sito per seppellire le scorie lontano dalle regioni vulcaniche e fuori dal raggio di interferenza con falde acquifere; nell’Europa continentale si punta a formazioni granitiche all’interno degli antichissimi “scudi” (le parti originarie e stabili dei frammenti continentali più antichi), o a miniere di salgemma dimesse, in aree non toccate da terremoti e vulcani. In tutti i casi le soluzioni non sembrano essere definitive, a maggior ragione in paesi in cui i rischi naturali sono elevati.
Di recente il grande chimico britannico James Lovelock ha sorpreso molti indicando nell’energia nucleare l’unica soluzione per il futuro dell’umanità. I vantaggi dell’atomo sarebbero chiari: mancanza di emissioni inquinanti, grandi quantità di uranio a disposizione, presunta innocuità (a meno di errori umani). Ma il problema delle scorie naturali non ha ancora ricevuto una risposta definitiva. In quali lingua dovremmo scrivere “Attenzione, non avvicinatevi!” nei pressi di un deposito di scorie radioattive, visto che popoli e linguaggi possono sparire molto più in fretta di 10 mila anni?

Tratto da National Geographic – marzo 2007 –

Mario Tozzi, geologo, è primo ricercatore IGAG/CNR

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