domenica 7 luglio 2013

La "Rovra" di San Basilio

Niente di mio pugno ma un copia incolla di quanto  scritto  da due carissimi amici con cui condivido in pieno il pensiero. Tra le mille polemiche e assurde manipolazioni politiche spero che questo nostro pensiero contribuisca ad illuminare e placare gli animi.

La “Rovra”, come è nota agli abitanti del Delta del Po, è un vetusto esemplare di quercia farnia (Quercus robur) che domina l’argine del Po di Goro, nei pressi di San Basilio. Si tratta verosimilmente dell’albero più antico dell’intero Polesine, avendo un età stimata di circa 500 anni, ed è probabilmente la sola pianta che rimane di un’antica foresta che si estendeva nell’area. Molto nota in tutta la zona, la Rovra è considerata un vero e proprio monumento nel territorio ed è meta continua di visite da parte di turisti e locali, che ne ammirano la maestosità e il valore simbolico, tanto che nel corso del tempo è diventata oggetto di numerose leggende. 






Colpita da un fulmine nel corso degli anni ’70, la Rovra è oggetto di cure mirate alla sua conservazione dal 1995.









Nella notte tra il 24 e il 25 giugno 2013, la Rovra ha ceduto di netto, forse irrimediabilmente, lasciando uno spazio vuoto nell’orizzonte di coloro che l’hanno amata e che amano questa terra (fonte: Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po).


di Eddi Boschetti (tramite ML interna WWF Rovigo)

Carissimi,
queste sono alcune foto della quercia di San Basilio scattate oggi poco dopo il suo schianto.
Le sue radici, fortemente compromesse non erano più in grado di sostenere il peso dell'albero, già sbilanciato a seguito dei fulmini che lo colpirono in passato alterandone la simmetria.
Molto è stato fatto per sanarlo, ma gli anni e gli eventi atmosferici hanno fatto la loro parte. Non c'era niente da fare. Per giorni l'inclinazione è stata progressiva fino allo schianto finale.
Il Delta e il Polesine perdono un autentico monumento, ultimo superstite della foresta primaria planiziale, emblema di un territorio che ha costruito la sua stessa storia a colpi di bonifiche e deforestazioni. Vedere oggi tanta gente commossa portarsi al suo "capezzale", pur fra tanta tristezza, mi ha acceso un barlume di speranza per il futuro. In fondo "La Rovra", così la chiamano da generazioni gli abitanti del Delta, è tra i pochi alberi polesani ad essere morti per cause naturali. E' stata decisamente più fortunata dei tanti altri che ogni giorno cadono per lasciare spazio alla meccanizzazione agricola, a nuove strade inutili, per alimentare centrali inutili, ecc. A loro non sono concesse processioni di gente commossa.
Per quanto la morte di un patriarca vegetale possa rappresentare in sè un evento denso di sincero rammarico, non lo dovrebbe essere più della "condanna a non invecchiare" a cui è tutt'oggi sottoposta la maggior parte del patrimonio arboreo del nostro territorio.
Anche le generazioni future avranno il diritto di piangere la loro "Rovra". Fare il possibile, nel breve e tempo concesso alla nostra generazione, per difendere questo diritto, è il modo più coerente per ricordare un grande albero che ci lascia.



















di Danilo Trombin (su REM)


Sono passato lì accanto proprio il giorno prima che si adagiasse per sempre, forse, sul crinale dell’argine del Po di Goro. Come d’abitudine, scrutando a destra e a sinistra in cerca dell’Averla cenerina, ho posato lo sguardo anche sulla sagoma possente della Rovra, che è sempre stata un elemento rassicurante, nella mia memoria, nel piatto panorama circostante della pianura bassopolesana… sapevi che c’era sempre, e che era là…
La Rovra era veramente un qualcheccosa di speciale, era quel quid in più che rende unico un territorio, era lo schiocco di dita che rende reale una magia…
La Rovra era una di quelle pochissime cose di cui, senza mai averla vista, senti parlare in maniera mirabolante, e provi a immaginare com’è fatta, quant’è grande, cosa ti darà il giorno in cui avrai la fortuna di ammirarla… poi quel giorno arriva, e scopri che, con la sola immaginazione, mai saresti potuto giungere a concepire una simile creatura… gli aggettivi si sprecano… quando ti sei trovato a tu per tu per la prima volta, rimani almeno un minuto a bocca aperta, a guardare all’insù… quanti rami… quante foglie… quanta chioma… mica l’avevi immaginata così… così potente… così evocativa… così fuori dal tempo… così eterna…
poi senti il bisogno di correre giù dall’argine, verso il tronco, per vedere quanto è grande, e la prima cosa che ti vien da fare è abbracciarlo, quel tronco, guardando ancora verso l’alto, rimanendo questa volta senza fiato, attaccato alla corteccia di uno degli esseri viventi più grandi che probabilmente avrai la fortuna di toccare in vita tua…
Pensi a Dante Alighieri, che vi si è arrampicato sopra, a Napoleone Bonaparte, che l’ha ammirata al pari tuo, passandoci accanto, cerchi l’entrata della casa dello gnomo che la abita, e che sicuramente deve essere qui, da qualche parte…
Quando il giorno dopo averla vista lì, saldamente al suo posto, ho appreso dai social network che invece la Rovra si era irrimediabilmente accasciata, forse per sempre… dopo il grande dispiacere iniziale, ho cercato informazioni, ho seguito i requiem dedicati dalla folta schiera di ammiratori di questa pianta monumentale… un mio amico, ad esempio, è andato a raccogliere le ghiande per far nascere i figli della Rovra…
ora, io non so se il gigante verde si sia accasciato per colpa di qualcuno, se non è stato curato a dovere, o cosa si potrà fare con tutto il legno che ne costituiva il tronco, se darlo a un artista col compito di creare un’opera che onorerà la memoria della Rovra… non so rispondere a questi quesiti, non ne so abbastanza, anche se capisco le voci di coloro i quali si sono arrabbiati…

però certe volte ho visto grandi alberi piegati dalle intemperie, dall’età, dai parassiti, fino a stendersi al suolo… e lì continuare a vivere, trasformando i loro stessi rami in nuovi tronchi protesi verso la luce… magari se aspettiamo un po’ le foglie non avvizziscono, magari il gigante è solo stanco, e si è adagiato sull’argine per riposare e faticare di meno… credo che domani ripasserò a guardarla.

Ecco invece dal libro " I GRANDI ALBERI della Provincia di Rovigo" 39 alberi monumentali del Polesine stampato nel 1989 a cura di due altrettanti grandi querce dell'ambientalismo Polesano (M. Benà e G. Benetti) la scheda descrittiva "L'albero più bello e più vecchio del Polesine". 


Scheda n. 16



LA QUERCIA DI SAN BASILIO

Nome scientifico della specie: Quercus robur L. 
Nome comune; Farnia
Località: S. Basilio - Via Po inferiore
Altitudine s.l.m.: 2 m.
Comune: Ariano nel Polesine
Coordinate topografiche. Tavoletta i.G.M. : Ariano nel Polesine F.° 77 IV N.E. 33T TK 761 804
Ubicazione e descrizione del luogo: la pianta vegeta accanto all'argine sinistro del Po di goro, nei pressi di campi coltivati.


Rilievi dendrometrici:

Circonferenza a 1,3 m: 6.15 m
Altezza dell'albero: 26 m
Ampiezza della chioma nelle quattro direzioni: Nord 11 m - Est 12,50 m - Sud 11 m - Ovest 10,70 m
Età presunta: 450 anni
Note. il fusto si dirada in 3 grosse branche principali, la chioma è rada.

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Condizioni fitosanitarie: discrete: Sul fusto è presente una profonda ferita provocata da un fulmine 10 - 15 anni fa. Si notano vari rami secchi, che andrebbero asportati.
Destinazione: ornamentale
Classi di segnalazione: A1, A2, A3, A6, A4a

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Propietario: geom Fraccon - V.lo S. Spirito 4 - Adria (RO)
Data della rilevazione: luglio 1985
Rilevatore: Massimo Benà
Altre note: si tratta di un albero monumentale


2 commenti:

Nou ha detto...

Provo un grande dispiacere.

corvocalvo ha detto...

Siamo (eravamo) un po' anche figli suoi. Già mi manca.