Quante volte ho visto e frequentato questi luoghi, poi li vedi in un filmato e ti innamori ancora di più.
domenica 29 dicembre 2019
giovedì 26 dicembre 2019
176 Momenti di Delta
Foto di: Patrizia Boscolo, Antonio Dimer Manzolli, Vanni Bellettato, Marco Valente, Bruno Biscuolo, Rossella celati, Michele Zanotti, ilvaporetto.it, Fabrizio Gilardi, Maria Teresa Bortolotti, Luigi Giunta, Maurizio Busatto, Menotti Passarella, Roberto Piva, Nico Zanghierato, Alessandro Micheletti, Luca Roverati, Fabrizia Burgato, Caterino Bellato, Giuseppe Bertaglia, Rozzarin Vladi, Andrea Giribuola, Giovanni Roncon, Grandi l’Amico Giò, Giovanni Zanirato, Mauro Landi, Giancarlo Moro, Patrizia Zennaro, Roberta Corsi, Maria Teresa Bortolotti, Stefania Graziani, Lino Carlo, Roberto Marangoni, Cristiano Tombelli, Andrea Grillanda, Cesare Vidali, Virginia Orlandi, Luca Roverati, Ivan Minoccheri, Fausto Matta, Francesco Forlai, Moreno Bonifacio, Catozzi Enrico, Andrea Ravagnani, Cristina Crepaldi, Giuseppe Rizzo, Paola Cominato, Elisa Gambetti, Tina Coffele, Silvio Legnaro, Emily C. Washington, Enrico Chicco Fregnan, Nicola Nese, Antonella Fusetti, Angela Bellini, Benedetto Restivo, Nicola Pozzato, Nicolò Giribuola, Fabiano Gibin, Nicola Donà.
sabato 21 dicembre 2019
Povere bestie
Il Tar del Veneto chiude l'allevamento di 11mila visoni a Villadose.
VILLADOSE - Il Tar del Veneto ha accolto il ricorso delle associazioni Lav e Essere Animali contro l'insediamento di un allevamento di 11mila visoni a Villadose, in provincia di Rovigo. L'allevamento, sorto tre anni fa a un solo chilometro dal centro del paese e a soli 45 metri dalle abitazioni, dovrà cessare l'attività.
«La sentenza del Tar Veneto - affermano Lav ed Essere Animalista che ne danno notizia - sia uno stimolo per Governo e Parlamento ad esaminare le proposte di legge per introdurre in Italia il divieto di produzione di pellicce. Nel nostro paese il numero degli allevamenti è drasticamente calato negli anni e l'industria della pellicceria è in crisi, grazie alla presa di coscienza dei consumatori rispetto alla sofferenza degli animali». Il ricorso è stato presentato contro il Comune di Villadose, la Regione Veneto, l'Azienda ULSS N. 5 Polesana e nei confronti dell'azienda agricola che ha inizialmente richiesto la conversione dell'allevamento da bovini a visoni e dell'impresa che lo ha poi rilevato. La sentenza del Tar Veneto - secondo gli ambientalisti - censura il comportamento del Comune, che durante l'iter autorizzativo non ha ritenuto di acquisire agli atti dall'allevatore tutta la documentazione necessaria per effettuare una valutazione completa e corretta.
Tratto da: Il Gazzettino
https://www.ilgazzettino.it/nordest/rovigo/chiuso_visoni_villadose_sentenza_tar-4938720.html?fbclid=IwAR0MXpsX2lfcZM6iOt_YaDjDBtg_PUyjC6MWvLyXG76wayMzBlKz1UZxf9E
giovedì 12 dicembre 2019
Esperienze Indimenticabili nel DELTA DEL PO
Ecco DeltaPO Experience una coop di Operatori storici.
"Abbiamo unito le nostre competenze in un
progetto innovativo per valorizzare itinerari turistici slow per la scoperta
delle perle del Delta del Po, soprattutto le meno conosciute."
La cooperativa DeltaPo Experience integra soci di ventennale
esperienza, giovani motivati, reti di operatori di accoglienza e servizi.
Specialisti in Ambiente, Natura, Flora e Fauna, Storia
Antica, Geologia, Biodiversità, Sport all'Aria aperta, appassionati di
tradizioni e Slow Tourism, di Narrazione e Didattica, Learing by Doing sono a
vostra disposizione!
Insieme offriamo belle esperienze da vivere e gustare in una
serie di itinerari nel Parco del Delta del Po (dalla Laguna sud Veneziana a
Ravenna) che rispettano principi di sostenibilità e accessibilità.
Bike Boat & Food sono strumenti centrati sul tema
“Acqua, Uomo, Natura”.
Attraverso percorsi specifici da percorrere via bicicletta, E-Bike, Idro Bike vi faremo conoscere il Delta via terra, “sopra” l’acqua e “immersi” nell’acqua.
Attraverso percorsi specifici da percorrere via bicicletta, E-Bike, Idro Bike vi faremo conoscere il Delta via terra, “sopra” l’acqua e “immersi” nell’acqua.
DeltaPo Experience è una start up che nel 2017 è stato
premiata con un finaziamento dell'Unione Europea POR - Azione 3.5.1
–“ Interventi di supporto alla nascita di nuove imprese” Sub-Azione “Imprese naturalistiche”,
ha l'obiettivo di promuovere e valorizzare i tesori del territorio e
valorizzare le peculiarità del Parco del Delta del Po.
sabato 7 dicembre 2019
Non solo Delta
Non solo Delta, ma ci riguarda parecchio, buone prassi di educazione alimentare e ambientale e poi, il tonno alletterato, che non è un pesce che ha studiato.
Guidone
(Area Marina Punta Campanella): “I pesci che sarebbe preferibile non
consumassimo, perché sono in via di estinzione o perché sono frutto di pratiche
di pesca o allevamento non sostenibili sono: salmone, il tonno rosso, i
bianchetti, la corvina, la magnosa, il pangasio, il merluzzo, la cernia
bruna. Sarebbe preferibile consumare il pesce azzurro che può
vantare preziose qualità nutrizionali e dunque: l’aguglia, lo sgombro, il
sugarello, la palamita, lo zerro, il pagello, la lampuga, il pesce pilota, il
pesce serra, il tonno alletterato”.
Esperti dell’Area Marina Protetta “Punta Campanella” e dell’Area
Marina Protetta “Regno di Nettuno” a tavola per spiegare ai cittadini le
qualità del pesce “povero”.
In Campania il successo di BlueFish 2019 realizzato dalle due
Aree Marine Protette con Slow Food.
“I pesci che sarebbe preferibile non consumassimo, perché
sono in via di estinzione o perché sono frutto di pratiche di pesca o
allevamento non sostenibili sono: salmone, il tonno rosso, i bianchetti, la
corvina, la magnosa, il pangasio, il merluzzo, la cernia bruna. Da non
consumare mai i datteri di mare la cui vendita è illegale. Le specie che invece
sarebbe preferibile consumare sono quelle eccedentarie, le cui popolazioni
vivono in abbondanza nei mari italiani e del mondo. Ad esempio sarebbe
preferibile consumare il pesce azzurro che può vantare preziose qualità
nutrizionali. Sarebbe preferibile consumare: l’aguglia, lo sgombro, il
sugarello, la palamita, lo zerro, il pagello, la lampuga, il pesce pilota, il
pesce serra, il tonno alletterato. Anche il pesce ha una sua
stagionalità e scegliere il pesce di stagione significa mangiare pesce locale e
non congelato. In queste 20 cene, in 20 ristoranti diversi della Campania,
abbiamo spiegato tutto questo ai cittadini, stando con loro e cenando con loro.
Il tutto rientra nel progetto BlueFish 2019 finanziato dalla Regione
Campania nell’ambito del FEAMP Regione Campania 2014/2020 Misura 5.68. e realizzato
dall’Area Marina Protetta Punta Campanella, dall’Area Marina Protetta “Regno di
Nettuno”in collaborazione con Slow Food. La finalità era quella di dialogare
con i consumatori, ai quali non abbiamo voluto dire che non bisogna mangiare il
pesce ma che bisogna tener conto di quelle che sono le problematiche del mare,
di essere molto consapevoli di quello che è lo stato del mare”. Lo ha
affermato Carmela Guidone, Coordinatrice del Centro di Educazione
Ambientale dell’Area Marina Protetta “Punta Campanella”, a margine dei briefing
stampa svoltisi in vari ristoranti della Campania che hanno aderito al progetto
“BlueFish” 2019.
Da evitare anche l’Acquacoltura intensiva.
“L’acquacoltura intensiva – ha proseguito Guidone -
viene integrata con la somministrazione di mangimi calibrati e farmaci. Dunque
è da evitare l’acquacoltura intensiva che contamina l’ambiente naturale.
Nell’acquacoltura estensiva, invece il gestore si limita solo alla
predisposizione dei bacini di allevamento senza intervenire sull’alimentazione
del pesce e senza introdurre farmaci. Infine bisogna tutelare la biodiversità.
Per limitare il nostro impatto sul mare possiamo riscoprire alcune specie
dimenticate di pesce azzurro. Ci sono specie la cui sostenibilità dipende da
più fattori che vanno valutati al momento dell’acquisto come ad esempio la
taglia, la stagionalità, la tipologia degli allevamenti di provenienza. Tutto
questo consente un futuro alla nostra Terra e ai nostri Oceani”.
A Somma Vesuviana presente Alberto Capasso, Legale
Rappresentante di Slow Food Campania.
“Ben l’80% della plastica prodotta finisce in mare ed il nostro
impegno è costante nell’informare – ha dichiarato Alberto Capasso -
siamo impegnati da anni nella difesa della biodiversità, dunque del mare.
Questo progetto, BlueFish, connette il cittadino comune al mondo della
ristorazione. Sono 60 milioni le persone che nel mondo lavorano nel
settore della pesca e dell’acquacoltura, 17.000 le specie che compongono la
biodiversità marina del mar Mediterraneo ma il 33.1% delle specie sono pescate
al di là del loro limite biologico sostenibile. A questa situazione, già di per
sé allarmante, dobbiamo aggiungere che dagli anni ’50 a oggi si sono prodotti
8,3 miliardi di tonnellate di plastica, di cui 6,3 miliardi sono diventati
rifiuti. Si stima che nel 2050 negli oceani ci saranno, in peso, più rifiuti
plastici che pesci.
I nostri ospiti sono testimoni. Quello che vedono, quello che
sentono, quello che toccano, diventa un argomento con il quale diffondere un
nuovo modo di alimentarsi, un approccio diverso alla sostenibilità e al consumo
di risorse in un Pianeta che in questo momento sta mostrando grandissime
difficoltà”.
Puntare sul pescato locale del giorno abbinandolo ai prodotti
del territorio.
“E’ fondamentale il pescato del giorno e noi lo proponiamo
secondo anche la cucina basata sulla filosofia del buono, pulito e giusto - ha
dichiarato la chef, Consiglia Russo - e ci atteniamo anche ad
una tradizione culinaria forte di decenni di esperienza. In occasione di
BlueFish 2019, abbiamo preparato una polpetta di palamita che è un pesce
azzurro dei nostri mari con salsetta di cipolle di Tropea, poi i polipetti con
il pomodorino il piennolo del Vesuvio. La tutela della biodiversità inizia
anche dalla tavola”.
Obiettivo delle due giornate era far conoscere ai consumatori le
specie ittiche eccedenti, il cosiddetto “pesce povero” e imparare così a
riconoscere quei prodotti della pesca che siano “buoni puliti e giusti”
evitando accuratamente di acquistare pesci sotto taglia e prediligendo il
pescato locale.
Tutti hanno ricevuto un decimetro per misurare i pesci di
piccola taglia illegali e comprare dunque solo quelli “giusti”, ma anche
bottigliette in alluminio per ridurre l’uso della plastica.
https://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/tonnetto-alletterato.html
mercoledì 4 dicembre 2019
Il consumo di suolo mette in ginocchio il Paese
di Paolo Pileri.
Notizia sensazionale per il suolo. La Corte dei Conti ovvero l’organo dello Stato preposto a controllare la spesa pubblica e il bilancio dello Stato stesso, si è pronunciata sul tema del consumo di suolo.
Il fatto è rilevante e il documento da consultare è la deliberazione del 31 ottobre 2019, n. 17/2019/G. Ora anche la Corte è tra quelli che in modo netto dice che il continuo consumo di suolo mette in ginocchio il Paese su vari fronti, rendendolo sempre più fragile ed esponendolo a un crescendo in spesa pubblica, cosa di cui proprio non abbiamo bisogno.
Faccio notare che la Corte dei Conti è una istituzione che non appartiene all’area ambientalista. La sua raccomandazione non è dovuta per statuto e quindi la cosa va vista con ancor maggior attenzione e serietà.
La Corte non si limita a dire e invitare Stato e Governo a fare “norme e azioni di radicale contenimento del consumo di suolo” (p. 16), ma dice anche che il consumo di suolo è “in primis” correlato con il peggioramento dei fenomeni di dissesto idrogeologico che sappiamo costare all’Italia svariate centinaia di milioni di euro all’anno.
La Corte non si limita a dire e invitare Stato e Governo a fare “norme e azioni di radicale contenimento del consumo di suolo” (p. 16), ma dice anche che il consumo di suolo è “in primis” correlato con il peggioramento dei fenomeni di dissesto idrogeologico che sappiamo costare all’Italia svariate centinaia di milioni di euro all’anno.
“I dati scientifici a disposizione dimostrano che il Paese è interessato, in misura crescente e preoccupante, da fenomeni diffusi di dissesto idrogeologico che si sono acuiti sia per gli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche e soprattutto per l’aumento del consumo del suolo nel nostro Paese che è passato dal 2,7 per cento degli anni 50 al 7,65 del 2017” – Corte dei Conti
Questa affermazione è molto importante perché è una vera e propria certificazione autorevole che ci dice che così facendo peggiorano i conti pubblici e quindi il benessere di tutti i cittadini, gettando il Paese a una maggior esposizione debitoria. Chi deve agire è avvisato.
Ma non si ferma qui. La Corte conferma preoccupazioni che da anni alcuni ripetono all’infinito come quella di smettere di trattare la questione ambientale per spizzichi e bocconi perché occorrono dispositivi “di natura sistemica”. Viene chiesta al Parlamento una legge “radicale” (e non soffice) sul contenimento del consumo di suolo e addirittura di svuotare i piani urbanistici in quanto le previsioni ivi contenute sono “sovradimensionate”. Si dice di andare “solo” verso forme di pianificazione cooperative e non più settoriali: qui dentro ci metto anche la deleteria questione della frammentazione dei piani urbanistici comunali per cui ogni comune fa quel che vuole con il suolo.
Questa deliberazione ci auguriamo venga ascoltata e sia il punto di svolta che scioglie gli alibi di chi fino a oggi ha messo in moto mille tattiche per non approvare la legge nazionale contro il consumo di suolo (quella del forum Salviamo il Paesaggio è la più completa ed efficace) e di quelle Regioni che hanno approvato leggi inefficaci se non addirittura controproducenti che non hanno fatto fermare il consumo e neppur rallentarlo quanto necessario.
Come dice la Corte, e lo ripeto con piacere semmai fosse ancora necessario per qualcuno capirlo, è “improcrastinabile un intervento sistemico e decisivo che affronti il tema della salvaguardia del suolo” (p. 19).
lunedì 2 dicembre 2019
La stalla come la chiesa
Di: Michele Rigoni
Assistiamo quotidianamente allo scomparire in un timelapse in tempo reale, delle maestose corti di campagna, dei fienili e delle stalle che erano un tempo parte dell'orizzonte e del panorama emotivo.
Stalle costruite con la stessa cura e l'accortezza di Chiese, in un impianto architettonico del tutto simile ad un tempio cristiano, con due o tre navate, capriate palladiane per le ampie luci, paraste e capitelli, cornicioni decorati e arcate, con soluzioni in cui c'è molto più che semplice funzionalità costruttiva,
La Stalla era il tempio del quotidiano per sei dei sette giorni della settimana, lì si officiava ad ogni alba la comunione della sopravvivenza.
La Stalla come la Chiesa, era il fulcro della vita e pertanto come tale andava celebrata, anche con la devozione della bellezza.
Tanto è evidente questo stridente contrasto quando lo sguardo si posa sulla molto più umile casa colonica adiacente, contenitrice di semplici uomini, per loro natura sostituibili, caduci, non sacri, meri strumenti. Senza concessioni superflue.

Foto di davide Rossi tratto da http://www.brancoottico.fineartlabo.com/casolari-delta-del-po/
Chiaramente si vede infatti, come nella edificazione di questi ampi
edifici dedicati all'allevamento o alla conservazione dei foraggi, vi fosse
impastato con i materiali costruttivi anche l'amore e l'orgoglio per il proprio
"fare quotidiano", per gli sforzi che divenivano futuro e segno del
passaggio delle generazioni nel mondo, con armonico inserimento nella natura e
nel "tutto", in una sintesi pangenica tra: uomo-animali-territorio e
sacro, che trova il suo esatto opposto nella becera edilizia degli spogli
capannoni del secolo breve. Dove il bello, non aggiungendo alcuna utilità al
guadagno, non rientra più tra le opzioni ammesse.
Dove non c'è alcuna concessione ad altro che non sia il monoteistico idolatrato profitto. Dove è chiaro che non si ama ciò che si fa ma si ama sterilmente solo quel che può rendere. Nella totale dicotomia con l'ambiente che non è più "casa comune" ma spazio di nessuno da occupare, sfruttare, in cui versare scarti materiali e scarti di umanità. Se le vecchie corti si potessero salvare, non si salverebbe solo un edificio, si salverebbe quello che rappresentano: un mondo, una cultura, un approccio al territorio equilibrato che arrivava dal "de agricoltura" fino a mio nonno. In cui la natura era madre con i suoi ritmi e stagioni e non sgualdrina a ore.
Dove non c'è alcuna concessione ad altro che non sia il monoteistico idolatrato profitto. Dove è chiaro che non si ama ciò che si fa ma si ama sterilmente solo quel che può rendere. Nella totale dicotomia con l'ambiente che non è più "casa comune" ma spazio di nessuno da occupare, sfruttare, in cui versare scarti materiali e scarti di umanità. Se le vecchie corti si potessero salvare, non si salverebbe solo un edificio, si salverebbe quello che rappresentano: un mondo, una cultura, un approccio al territorio equilibrato che arrivava dal "de agricoltura" fino a mio nonno. In cui la natura era madre con i suoi ritmi e stagioni e non sgualdrina a ore.
sabato 30 novembre 2019
29 novembre 2019 " La Porta del Parco del delta del Po"
Da giorni seguiamo l'andamento di piena del nostro amato fiume, diciamo tranquilli, ma una visita di controllo quotidiano, per gli abitanti dei paesi sotto gli argini, diventa quasi un rito a volte anche per riportare il suggestivo quanto temuto paesaggio.
Golena di Santa Maria in Punta "La Porta del Delta" punto in cui dal fiume Po si stacca il primo ramo denominato Po di Goro.
Ph Elisabeth Merli
sabato 16 novembre 2019
Solidarietà
Un'economia in ginocchio.
Il 90% delle strutture (circa 200 delle cosi dette cavane) utilizzate dai pescatori in supporto alle loro attività di pesca, presenti lungo l'argine est della Sacca di Scardovari sono andate distrutte nella notte tra 12 e 13 novembre a causa dell' eccezionale alta marea (la stessa che ha colpito Venezia, Chioggia e Pellestrina). L'alta marea e il forte vento in atto hanno creato un mix di una violenza disastrosa ricordata solo dagli anziani e risalente al lontano 1966, per l'esattezza il 4 novembre, quando una simile mareggiata causò il cedimento di un'argine a ovest della sacca andando ad allagare tutta l'isola della Donzella.
Conosco questa gente, gente che non si piega neanche davanti ad uno tsunami, e sono sicuro che presto ritorneranno al loro preziosissimo lavoro, volano principale dell'economia locale. Un abbraccio a tutti loro e un grazie a chi vorrà contribuire a questa iniziativa.
martedì 8 ottobre 2019
Enogastronomia nel Delta: anguille, branzini, ostriche rosa.
..... e un buon posto dove andare a mangiare.
Con l'arrivo dell'autunno in valle si comincia a tirare su le reti e i mastelli iniziano a riempirsi di anguille (bisati), spigole (branzin o baicolo) e cefali (sievalo), schile (gamberi) e acquadele entrambi ottimi fritti, con la polentina tenera di mais bianco o giallo o con farina di riso, serve un prosecco fresco. Poi arriva lei la regina della valle la bisata, arrostita ai ferri su braci di legno (no carbone), anche le spigole possono fare la stessa fine. Un bicchiere di buon rosso con l'anguilla ci sta tutto, ti sgrassa la bocca, bianco con il branzino con o senza bollicine.
Primo tempo
Secondo tempo
Branzini e un abile cuoca
E poi arrivano loro, anch'esse regine, della laguna però , per l'esattezza dalla Sacca di Scardovari, parlo di ostriche rosa, non ce n'è per nessuno.
Con l'arrivo dell'autunno si sta bene anche intorno a un camino, e un buon posto che mi sento di consigliare e l'Ittiturismo Oasi Valpisani, con grande camino entrale e vista sulla valle, anguille e branzini come da foto, tanta cordalità e ottimo servizio. Porto Viro Loc. Cà Pisani tel. 342 6084171 - 0426 85194.
sabato 3 agosto 2019
mercoledì 24 luglio 2019
Gin di Caleri, spirito libero dell’estate
Enrico Crivellari è un personaggio poliedrico del Delta e tra le sue imprese c’è la trasformazione del ginepro di Rosolina nella forma più british del buon bere sopra i 37 gradi, alcolici
Il ginepro e alcool di solito siamo abituati a vederli insieme nelle bottiglie di grappa che stanno sulle mensole dietro al bancone di qualche rifugio in montagna, è il classico fine pasto per menù generosi, proteici e calorici. Invece, il ginepro di cui vi voglio parlare in questo numero di Con i piedi per terra è quello che cresce, altrettanto spontaneo, a Rosolina Mare e più precisamente a Porto Caleri. Ovviamente un ginepro, che come quello montano, ha incontrato l’alcol per dare vita ad un delle bevande alcoliche famose oltremanica: il Gin. A questo punto posso capire un vostro giramento di testa, ma è lo stesso che mi ha portato a rintracciare l’autore di questa particolare produzione. Un gin polesano? Impossibile resistere alla curiosità di andare a cercare chi ha avuto un’idea tanto originale. Ed effettivamente Enrico Crivellari è conosciuto per essere una persona piuttosto originale, insieme alla compagna Silvana Marangon, si è buttato anima e corpo nella valorizzazione del ginepro e del gin. Una produzione che grazie a loro ho scoperto essere italianissima, altro che leoni d’Oltremanica, e piuttosto antica. Le origini infatti vanno ricercate nel XVII secolo a Salerno presso la Scuola Medica Salernitana. La medicina del tempo, o meglio la ricerca, era in mano ai monaci che nei loro studioli preparavano elisir e ricette per il conforto alla vita. E il gin fu tra queste. Lo scopo era quello di ottenere una bevanda che trasmettesse le proprietà mediche del ginepro, per fare una medicina che fosse facilmente trasportabile e fruibile durante tutto l’anno. Evidentemente, però, era troppo buono per essere una medicina. Diventò poi il classico bicchierino per nonne e casalinghe inglesi disperate, un drink pomeridiano delle soap opera, e oggi, invece, è giustamente il distillato in più rapida ascesa tra gli spiriti dell’estate.
Allora Enrico Crivellari, da dove nasce quest’idea di un gin in Polesine?
“Tutto parte da lontano, dai tempi in cui frequentavo l’istituto alberghiero di Adria. Ho avuto la fortuna di avere due ottimi insegnanti, Nonnato e Passarella, e tra le cose che ho imparato c’era anche la storia del gin. Poi negli anni ho incontrato un esperto di scienze forestali che mi ha incuriosito con i suoi racconti sul ginepro e di due esperienze ne ho fatta, una che è anche un modo per valorizzare il nostro territorio”.
Quante persone ci sono dietro a questo progetto del Gin Polesano?
“Ho un bel gruppo di lavoro. Un grosso aiuto lo ho avuto da un gruppo di ragazzi di Rosolina che hanno capito subito l’originalità di questa iniziativa e l’irripetibilità dell’esperienza. Quindi è anche merito loro se sono riuscito a realizzare quello che avevo in mente. Un grazie a Marco Campagnolo direttore del giardino botanico di Caleri per i suoi preziosi consigli. E poi l’immancabile il supporto di Silvana Marangon con la quale divido la vita e l’attività. Insieme siamo sempre alla ricerca di migliorarci. Di fare al meglio quello che facciamo”.
i dice che il gusto del gin sia la “giusta via per il buonumore” ovviamente senza eccedere. Provi a descriverci il sapore quali sono le note che arrivano al palato?
“Il nostro gin ha dentro il mare, i profumi sono quelli della nostra terra. Il ginepro crescendo in prossimità del mare ha un singolare sapore dato dalla salsedine. Qui nel Delta il ginepro e autoctono. E’ resistente all’aridità, cresce in forme strane, ha bisogno di molta luce, sopporta siccità e alte temperature. Ha una foglia aghiforme e coriacea che riflette i raggi solari. Fa parte delle piante aromatiche e produce resine e oli essenziali. Si usa in cucina con la cacciagione. Le bacche che usiamo per la produzione sono solo quelle di ginepro maschio, la femmina non le produce, profumatissime quando sono di colere bluviola”.
La preparazione come avviene e dove?
Noi produciamo un gin di eccellenza. Si tratta di un “compound”. Praticamente solo le bacche vengono immerse in infusione in alcol d’orzo di straordinaria qualità. Il gin in questo modo è estratto a freddo, non attraverso il classico alambicco, e mantiene intatta la bacca. Ad occuparsene sono i laboratori dell’azienda Mistico Speziale di Reggio Emilia”.
“Prima di colazione non bevo mai nulla di più forte del gin” – diceva William Claude Fields – il Gin di Caleri, invece, quando e come va bevuto?
“Eviterei la mattina, ma è perfetto come aperitivo o come drink. Accompagnato con due diversi tipi di acqua tonica è perfetto quando è essenziale, perché vengono valorizzati gli ingredienti di qualità usati per la produzione. Per il come, invece, esistono dei bicchieri, dei tumbler che ho trovato ad un mercatino dell’antiquariato. Probabilmente facevano parte della dotazione di bordo della Marina Militare e appena li ho visti ho pensato fossero ideali. E poi è un omaggio a mio padre che tuttora lavora nell’attività di famiglia e che da giovane è stato sottufficiale proprio in Marina ma soprattutto un palombaro.
Lei ha fama di essere un “personaggio” da queste parti. Un collezionista, un appassionato di motori, ma anche un inventore e un grande amante del mare. Ha qualcosa che le frulla per la testa?
“Ho in mente di realizzare una moto speciale e farla recapitare a un divo americano molto conosciuto che ama le moto. Non se lo vedremo girare da queste parti. Il mare è davvero una mia grande passione: quasi tutti i giorni alle sei di sera vado a farmi una nuotata di un paio d’ore. Così mi vengono le idee. La prossima è davvero visionaria ma ci riuscirò. Per ora non rivelo nulla ma ha che fare con il casco di un palombaro”.
Di:
Alessandra Capato
Alessandra Capato, nata a Donada ( RO) ha vissuto e lavorato prima a Roma e poi a Milano. Ha iniziato in Rai con Enzo Biagi, poi ha lavorato al Corriere della Sera. La sua passione sono i deserti ha viaggiato in quasi tutto il mondo e ha incontrato persone che hanno arricchito la sua conoscenza è cambiato la sua vita.
martedì 9 luglio 2019
martedì 11 giugno 2019
Birdwatching nel Parco del Delta del Po
Giornata di birdwatching nel parco del Delta del Po con Rachel e Steve Holzman, from Oregon. Oltre alla soddisfazione la curiosità, il loro paese in Oregon si trova sul 45° parallelo. La fantastica location di Tenuta Cà Zen ci ha permesso l'osservazione di una Ghindaia marina una delle specie della loro lista.
venerdì 31 maggio 2019
BIODIVERSITÀ, L'ALLARME DELLA FAO
La terra è malata,
proviamo a guarirla.
Inquinamento,
allevamenti e pesca intensivi, consumo del suolo minacciano la varietà delle
specie e la ricchezza anche alimentare del pianeta. La gran parte dei vegetali
che potrebbero alimentarci è già perso. Ma noi consumatori possiamo fare la
differenza e invertire la rotta.
Stiamo
tagliando il ramo su cui siamo seduti.
O meglio: stiamo distruggendo il piatto in cui
mangiamo. La biodiversità che sta alla base dei nostri sistemi alimentari sta
scomparendo, mettendo a rischio il futuro dei nostri alimenti, dei mezzi di
sussistenza, della salute umana e dell’ambiente. Lo dice la FAO,
l’organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura,
avvisando che la biodiversità agricola e alimentare è un equilibrio che – se si
spezza – si perde per sempre.
Ma che cos’è la biodiversità alimentare?
È l’insieme di tutte le piante e gli animali,
selvatici e domestici, che forniscono cibo, mangimi, carburante e fibre. E
anche la miriade di organismi che sostengono questo sistema attraverso la
cosiddetta biodiversità associata. Di cui fanno parte organismi piante, animali
e microrganismi che contribuiscono a mantenere i terreni fertili (come i
lombrichi), impollinano le piante (come le api), purificano l’acqua (come certe
alghe) e l’aria (come gli alberi), e aiutano a combattere parassiti e malattie
delle coltivazioni e del bestiame (come certi insetti).
Dovremmo
anzitutto pensare a questo: che noi italiani abbiamo una responsabilità del
tutto particolare. Il nostro paese possiede la massima biodiversità in Europa;
in particolare, ospita circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di
tutte le specie animali attualmente presenti nel vecchio continente.
Alcuni
gruppi, come alcune famiglie di invertebrati, sono presenti in misura doppia o
tripla, se non ancora maggiore, rispetto ad altri paesi europei.
Questa
ricchezza è però seriamente minacciata e pezzi di essa rischiano di essere
irrimediabilmente perduti. Secondo l’Ispra, Istituto superiore per la
protezione e la ricerca ambientale, il quadro relativo ai livelli di minaccia
delle specie animali e vegetali sul territorio nazionale è preoccupante.
Le cause?
Buona parte del nostro territorio, come quello
di molti altri paesi industrializzati, è usato intensivamente. Fattori di
pressione, quali il consumo di suolo per nuovi insediamenti civili e
industriali e l’inquinamento, causato anche dagli allevamenti intensivi,
continuano a esercitare la loro intensità sulla biodiversità nazionale.
Anche il cambiamento climatico minaccia la
biodiversità, così come la crescita della popolazione e l’urbanizzazione, cioè
la concentrazione di migliaia di persone in pochi centri urbani. Sono 1020,
circa il 15% del totale, le specie vegetali superiori che ora sono minacciate
di estinzione.
Va peggio
per le piante inferiori, il 40% di alghe, licheni, muschi, felci è in pericolo.
Per le specie animali, la metà dei vertebrati presenti in Italia è minacciata
d’estinzione, circa un quarto degli uccelli sono a forte rischio di estinzione.
A stare peggio di tutti sono gli anfibi: due specie su tre sono minacciate.
E nel resto
del mondo non va certo meglio.
Foreste,
pascoli, mangrovie, praterie di alghe, barriere coralline e zone umide in
generale sono in rapido declino. Le specie di cibo selvatico e molte specie che
contribuiscono ai servizi eco-sistemici vitali per l’alimentazione e
l’agricoltura, compresi gli impollinatori, gli organismi del suolo e i nemici
naturali dei parassiti, stanno scomparendo.
Il rapporto della Fao, che si concentra in
particolare sull’agricoltura, denuncia una riduzione della diversità delle
coltivazioni, un sempre maggior numero di razze animali a rischio di estinzione
e l’aumento della percentuale di stock ittici sovrasfruttati.
Il 75% delle varietà vegetali per la nostra
alimentazione è perso, secondo la FAO. E questo perché oggi il 60%
dell’alimentazione mondiale si basa su tre cereali: grano, riso e mais e spesso
di una sola varietà o poco più.
Non sulle migliaia di varietà di riso
selezionate dagli agricoltori che un tempo erano il cibo delle genti d’Oriente,
non sulle varietà di mais che coltivavano gli agricoltori del Messico.
No. Oggi il
nostro cibo sono pochissimi ibridi selezionati. «La biodiversità è fondamentale
per la salvaguardia della sicurezza alimentare globale, è alla base di diete
sane e nutrienti e rafforza i mezzi di sussistenza rurali e la capacità di
resilienza delle persone e delle comunità», ha dichiarato il direttore generale
della FAO, Jose Graziano da Silvia.
«Dobbiamo
usare la biodiversità in modo sostenibile, in modo da poter rispondere meglio
alle crescenti sfide del
cambiamento climatico e produrre cibo senza danneggiare il nostro ambiente.
Meno
biodiversità significa che piante e animali sono più vulnerabili ai parassiti e
alle malattie -ha aggiunto Graziano da Silva – elemento che, insieme alla
nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta
mettendo la nostra già fragile sicurezza alimentare sull’orlo del collasso».
Ma nel
rapporto FAO non c’è solo l’allarmante lettura della situazione attuale.
Qualche barlume di speranza c’è.
Aumentano le pratiche per promuovere la
biodiversità in agricoltura, come il biologico, la gestione integrata dei
parassiti, la gestione sostenibile del suolo, l’agro-ecologia, l’approccio più
ecologico alla pesca: «Tutte cose positive, afferma la FAO, ma bisogna fare di
più: il rapporto invita i governi e la comunità internazionale a rafforzare la
legislazione, creare incentivi e misure di condivisione dei benefici, promuovere iniziative a favore della
biodiversità e affrontare la cause principali della sua perdita». E infine la
Fao si appella ai consumatori, che scelgano prodotti coltivati in modo
sostenibile.
Ricordiamocelo: mangiare è un atto politico.
Tratto da consumatori e responsabilità. Il mensile dei soci
coop, di: Silvia Fabbri.
giovedì 23 maggio 2019
PRT "Porta del Parco del Delta"
Sabato 25 maggio ore 10,30.
Nel pomeriggio alle ore 15,30
Escursione intermodale, motonave più bicicletta, fra Papozze, Ariano nel Polesine e Corbola.
Itinerario sperimentale esemplificativo.
Dall’attracco fluviale dell’ Oasi WWF “Golena di Panarella” costeggiando l’Isola del Balutin raggiungeremo Santa Maria in Punta, una volta sbarcati visiteremo questa piccola realtà per poi raggiungere in bicicletta la “Capanna del Papa” dove ascolteremo una lettura tratta dal Libro di Giueppe Salvini "Una tenda in riva al PO”, dopo un piccolo ristoro è previsto il rientro in motonave al punto di partenza.
Per i partecipanti questa attività richiede un contributo di 10,00 €
domenica 19 maggio 2019
PRT "PORTA DEL PARCO DEL DELTA"
Progetto di Rigenerazione Territoriale 24 - 25 - 26 maggio 2019 Oasi Nazionale WWF "Golena di Panarella" e "Isola del Balutìn".
Clicca l'i magine per ingrandire x altre info:
Clicca l'i magine per ingrandire x altre info:
- Roberto 338 1394289
- Eddi 349 804520
- Nicola 338 2941497
Pagina libro delle facce Oasi Nazionale WWF Golena di Panarella - Terra & Libertà.
mercoledì 15 maggio 2019
Adria da sempre città della musica.

Le note giuste al Teatro Ferrini: il quartetto Aires una piacevole scoperta per il pubblico. In un pomeriggio assolutamente uggioso, nel teatro adriese sito in piazzetta Gino Casellati ex Buzzolla, sono risuonate le dolci note dei brani eseguiti magistralmente dal quartetto Aires. Il pubblico intervenuto numeroso ha applaudito i quattro giovani maestri con le loro fisarmoniche, sapientemente amalgamate nella perfetta esecuzione dei brani scelti nel programma. L’apoteosi al momento dell’esecuzione dei brani del Maestro Tiziano Bedetti, Crucifixus e Venetian Dna sia per la perfetta esecuzione che per la bellezza delle composizioni, ha fatto scattare in piedi il pubblico e scaldato il cuore degli adriesi presenti per l’orgoglio di sentire eseguiti i brani che livello internazionale stanno dando fama al M. Tiziano Bedetti adriese doc.
Non ci sono particolari spiegazioni per poter definire la bravura e il talento di questi quattro giovani reduci da concerti tenuti negli Stati Uniti, con un notevole successo che hanno prodotto un proprio cd di brani anche composti da loro . Un modo di interpretare la musica veramente coinvolgente in cui chi ascoltava la loro “classe” rimaneva totalmente ammaliato dai ritmi e modalità di esecuzione; mai banali ma assolutamente ricercati e raffinanti.
Tratto da https://www.facebook.com/teatro.ferrini.adria/
Tratto da https://www.facebook.com/teatro.ferrini.adria/
lunedì 29 aprile 2019
lunedì 15 aprile 2019
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