domenica 14 ottobre 2007

Blog Action Day




Oggi 15 ottobre è il giorno in cui 14.081 blogger (me compreso) si uniranno per focalizzare l'attenzione di ognuno su una sola, importante problematica, l’ambiente. Lo scopo è far parlare tutti di come costruire un futuro migliore.
Io ho scelto di riportare un capitolo del nuovo libro di Natalino Balasso “Livello di guardia”, questo per diversi motivi: primo perché Balasso è deltino come me, e come me ama ed è legato alla sua terra, poi perché è troppo simpatico, ancora perché abbiamo degli amici in comune e poi perché questa sua analisi è reale e tocca un tema ambientale degno di Blog Action Day. Avrei ancora diversi altri motivi per giustificare questa scelta, ma per non divagare mi fermo qui.


Natalino Balasso, “Livello di guardia” pag 15 cap.IV.

In alcuni paesi molto poveri del Messico, il cemento è uno status symbol. I politici locali, per farsi eleggere, promettono cemento e appena qualcuno riesce a mettere da parte qualche soldo, schiaffa in faccia al prossimo la propria ricchezza costruendosi tristissimi cubi con grossi mattoni di cemento e qualche apertura che funge da finestra. Quando i villaggi dei selvatici maya cominciano a farsi paesini, si possono scorgere lungo la via alcune di queste casupole cubiche, immediatamente davanti alle capanne. In genere non vengono abitate, sono spogli scheletri grezzi di case mai costruite, sono dei forni nelle stagioni calde e i maya, che non sono scemi, continuano ad abitare le fresche capanne. Quelle “case” stanno solo a significare che chi le ha costruite ha delle possibilità economiche ed è per così dire “moderno”.
Nei paesi delle province italiane si ha a volte questa sensazione. Certo la scala è diversa, ma il fatto di costruire certi cavalcavia, certi capannoni, certe rotonde, certe strade a quattro corsie, o palazzi di vetro in contesti poco plausibili sembra denotare il desiderio di essere città. Come se essere una città fosse di per se una cosa positiva. Sembra quasi che questi paesi, e tanti se ne vedono nel Nordest (italiano n.d.r.), abbiano vergogna di essere paesi. Ovviamente i risultati rasentano la comicità. E’ un pò come quei genitori che parlano solo il dialetto e che vogliono per i propri figli un futuro più emancipato, così cominciano a parlare quel ridicolo slang prodotto da chi traduce il dialetto in italiano. Il risultato sarà che i figli paleranno in modo ridicolo. Così come sono ridicoli certi paesi, un tempo dignitosi, che ora affogano fra tangenziali, complanari, congiungenti, bretelle e cavalcavia.
Il piccolo paese appoggiato sull’argine del Po, cerca la sua emancipazione nel design dei lampioni. Sono, questi lampioni, qualcosa di indefinibile. Nella silouette, ricordano degli appendiabiti, con appesi dei riquadri chiari che riflettono la luce di grosse lampade le quali sperperano energia senza rimpianti. Non si capisce bene in cosa consista questa elaborata tecnologia, forse le lampade puntate verso l’alto, anziché spargere la propria luce sulla strada, come sarebbe nella loro natura, guardano queste lamine chiare diffondendo in maniera più uniforme la luminosità. Ma non sembra che ciò avvenga. La luce riflessa con questo sistema tecnologicamente avanzato ha ovviamente la stessa identica consistenza di quella prodotta dai lampioni più tradizionali e meno costosi con in più l’ingombrante presenza di questi strani oggetti che sembrano progettati durante droga party.

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